Disturbi dell’alimentazione e misure di contenimento della pandemia COVID-19: alcune riflessioni
Dr.ssa Beatrice Andreoli
Unità di Riabilitazione Nutrizionale – Casa di Cura Villa Garda
I disturbi dell’alimentazione sono uno dei problemi di salute più comuni che affliggono le adolescenti e le giovani donne nei paesi occidentali, oltre ad un minor numero di soggetti maschi. Essi si associano ad una compromissione significativa della salute fisica e del funzionamento psicosociale e comportano un aumento del rischio di morte. La loro causa non è ancora del tutto chiara e sono difficili da trattare.
A partire dal primo lockdown attuato per contenere la pandemia Covid19 sono emerse delle variazioni nei loro dati di incidenza, per cui si ipotizza il possibile ruolo delle misure di contenimento dell’infezione nell’averne aumentato la numerosità e le richieste di trattamento (1, 2, 3, 4). Siamo in attesa di capire se vi siano state conseguenze anche nella gravità della loro manifestazione psicopatologica.
Si ipotizzano già alcuni potenziali fattori per spiegare questo aumento (5), come ad esempio il restringimento improvviso – ed inizialmente imprevedibile – dei domini di vita con la perdita altrettanto improvvisa e imprevedibile della strutturazione della propria routine quotidiana, la sensazione di non poter più “controllare” la propria giornata e le proprie scelte, l’incertezza nella durata di questa condizione stressante, il restringimento della disponibilità di trattamento (ricordiamo che in una finestra temporale del 2020 i trattamenti per i disturbi dell’alimentazione in Italia sono stati sospesi in quanto considerati senza carattere di urgenza), la pressione dei media tradizionali e social media su alimentazione, peso ed esercizio fisico (ricordiamo ad esempio la pressione dei social e di altri canali comunicativi in occasione del primo isolamento nel prestare attenzione al proprio stile di vita e alla propria alimentazione), la possibile presenza in casa di scorte di cibo, la limitazione obbligata dell’esercizio fisico, il possibile stress finanziario e/o il passaggio obbligato al lavoro da remoto, la perdita almeno temporanea delle relazioni sociali (ivi compresa l’alimentazione sociale), la paura dell’infezione.
Lo scopo del presente articolo è quello di discutere alcuni potenziali effetti di alcune tra le principali misure di contenimento della pandemia in corso nel loro contributo all’aumento dell’incidenza dei disturbi dell’alimentazione appena citata. Assieme ad esse si valuta anche il potenziale ruolo dell’incertezza sul futuro derivante dalle contingenze attuali, sempre nel suo ipotetico impatto sull’esordio (o sulla ricaduta) dei disturbi dell’alimentazione.
Misure di contenimento
Distanziamento sociale
Questo accorgimento contiene alcune criticità potenziali in una popolazione avente caratteristiche psicologiche peculiari. Se due o più persone sono distanziate, ne deriva infatti una visione dell’uno rispetto all’altro in modo più globale. Avviene quindi un’osservazione interpersonale basata sulla globalità del corpo, andando in un certo modo a perdere completamente la caratterizzazione soggettiva data dai lineamenti del volto e dalle espressioni visive personali e soggettive, oltre che l’interazione sociale fatta anche di piccoli gesti, tocchi, strette di mano, andando a dominare con lo sguardo tutta la fisicità altrui. Un evento di questo tipo, soprattutto se quotidiano, ripetuto e necessariamente obbligato, in una persona che vive un’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo potrebbe generare stati d’ansia non previsti. Potrebbe subentrare la sensazione potenzialmente dannosa di sentirsi scrutati, analizzati, guardati, interpreta come attenzione critica. Queste emozioni negative, tanto più se perpetuate giorno dopo giorno, situazione dopo situazione, contesto dopo contesto, potrebbero determinare un’influenza sui comportamenti di una persona, anche potenzialmente fino ad attivare o riattivare uno stato mentale caratteristico ed espressioni comportamentali disfunzionali tipiche del disturbo dell’alimentazione.
Utilizzo della mascherina
Socialmente abbiamo dovuto adattarci necessariamente ed alquanto rapidamente ad una relazione sociale “alterata” da un oggetto che va a coprire gran parte del nostro volto. La conseguenza dell’uso pressoché continuativo della mascherina, in particolare nel contesto delle relazioni sociali di ognuno di noi da quasi due anni, è tuttavia quella di renderci obbligati ad attuare strategie, apparentemente banali, per ovviare a ciò che viene nascosto. Se nascondiamo gran parte delle espressioni del nostro volto, al di là di quelle manifestate dagli occhi, risulta importante e quasi automatico vicariare quanto nascosto per mezzo di atteggiamenti corporei, posturali o mimici comprendenti anche la nostra corporeità nel suo insieme più generale. Questo fatto, all’apparenza innocuo e trascurabile per la maggior parte delle persone, potrebbe divenire però un motivo di esacerbazione di un’attenzione verso una corporeità generale o specifica da parte di chi sottopone il proprio corpo ad attenzioni caratteristiche. Essere costretti ad esprimersi tramite una corporeità più attiva, atta a rinforzare la carenza obbligata di espressioni mimiche precedentemente naturali, scontate e facenti parte di un’interazione umana e sociale pervadente tutta la quotidianità più comune, potrebbe imporre un’attenzione esasperata alla propria forma del corpo. In caso di un’autovalutazione di sé tarata primariamente su quest’ultima, la persona potrebbe percepirsi ancora una volta “in vetrina” e quindi scrutata, con un conseguente scaturire di impressioni, preoccupazioni ed attenzioni che potrebbero creare delle conseguenze negative.
Isolamento sociale e “quarantena”
Per quanto riguarda l’isolamento sociale, abbiamo da una parte quello imposto da misure di contenimento e cosiddette quarantene, dall’altro quello espresso come potenziale conseguenza autonomamente attuata a causa di difficoltà legate al periodo. Ipotizzando veritiera la difficoltà eccessiva sopra esposta nel sentirsi osservati ripetutamente nella propria immagine corporea globale, questa concatenazione di eventi ed emozioni potrebbe sfociare infatti nel rischio di isolamento sociale. Quest’ultimo talvolta emerge già come secondario ad un disturbo dell’alimentazione: aggiungendosi però ora l’essere costretti ad effettuare qualsiasi attività quotidiana “mascherati” e distanziati, l’idea di doversi esprimere ed anche essere osservati nella propria immagine corporea generale potrebbe di per se stessa incrementare il rischio di evitamento e poi di isolamento.
Sappiamo inoltre che ad oggi periodi di isolamento obbligato potrebbero ancora riproporsi. L’isolamento imposto potrebbe generare condizioni capaci di riproporre o attivare preoccupazioni riguardanti la propria immagine corporea, con il conseguente rischio potenziale di impostare o di ritrovare comportamenti e regole volti a controllare il peso e della forma del corpo, fino al generarsi di un problema specifico. In queste circostanze, inoltre, anche l’uso intensificato degli schermi nel contesto di una socializzazione “virtuale” probabilmente non aiuta: se è vero che questo ci permette apparentemente di colmare impossibilità pratiche nello svolgimento di attività varie e incontri de visu, è vero anche che ciò obbliga ad enfatizzare ancora una volta un’attenzione alla propria immagine “riflessa”.
Incertezza sul futuro
Globalmente ci siamo dovuti collettivamente adattare ad una situazione che, se inizialmente poteva apparire gestibile e contenibile in un arco temporale medio-breve e circoscritto, ora sappiamo essere divenuta parte di una “nuova quotidianità” – sia pur non ancora considerabile “normalità” e che speriamo andrà progressivamente a scomparire. Sappiamo ed osserviamo che le misure adottate per mezzo di indicazioni normative in costante rivisitazione e aggiornamento sono entrate nelle nostre case, nelle nostre giornate e nelle nostre vite come parte di un momento storico particolarissimo. Tutto questo crea potenzialmente un clima di incertezza e ansia, soprattutto nei più fragili.
Se valutiamo poi la condizione recepita dagli adolescenti, possiamo provare ad immaginare che cosa significhi per loro gestire emozioni, pensieri, preoccupazioni e conseguenze dell’incertezza continua di cambiamenti importanti nei loro ambiti di appartenenza: di colpo si sono trovati lo scorso anno senza la scuola, senza lo sport, lontani dagli amici, con il timore che i propri cari potessero ammalarsi e forse morire per una malattia sconosciuta e incurabile. Nel tempo le restrizioni si sono alleggerite, ma ancora si trovano a non potersi abbracciare, scherzare liberamente, aggregarsi, festeggiare un compleanno come avveniva prima, fare sport come era svolto prima, andare a scuola come facevano prima. Anche per loro vigono le regole sociali degli adulti: mascherina, distanziamento, divieto di assembramenti, norme igieniche e comportamentali prima inesistenti – e diciamo anche inimmaginabili e magari non del tutto comprensibili per l’età ancora non adulta. Se poi in alcuni momenti alcune cautele si ammorbidiscono, è possibile comunque che da un momento all’altro tornino ad intensificarsi. Il rischio di una DAD è sempre presente, così come la possibilità di una nuova “quarantena”. Se proviamo ad unire un possibile disagio derivante dall’incertezza continua e dissonante e la difficoltà a costruire mezzi ed ambiti di espressione, realizzazione ed espressione di sé, soprattutto (ma non unicamente) in una fascia di età che dovrebbe essere dedicata alla loro scoperta e perseguimento, che però oggi risulta forzatamente vincolato e limitato da obblighi e restrizioni esterni, allora possiamo presupporre un possibile esito nello sviluppo per alcune persone di un’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo.
Infine, osserviamo oggi una prevalenza di disturbi dell’alimentazione caratterizzati da una restrizione dietetica rigida o addirittura estrema, da cui deriva spesso un basso peso a sua volta grave o estremo. Forse non è un caso che, data l’incertezza dilagante appena ipotizzata come osservazione potenziale per alcuni nuovi equilibri sociali, venga espressa spesso una restrizione dietetica che sappiamo essere capace di donare un senso inusitato di sicurezza e di controllo. Potrebbe essere, almeno parzialmente, una risposta capace di ricreare certezza nell’incertezza, controllo nella perdita di riferimenti, regole precise nell’indeterminatezza imperante percepita. Magari il tutto enfatizzato da emozioni, pensieri e sensazioni derivanti da quell’enfasi anch’essa eccezionale su una presentazione personale attualmente focalizzata sull’interezza del corpo, sulla scomparsa del volto e sull’inquadramento soggettivo e completo ad una distanza che permette e crea un’osservazione assoluta, che può diventare critica o addirittura dannosa. Questa considerazione porterebbe ad ipotizzare allora un peggioramento nel grado di psicopatologia, oltre che nel numero di nuovi casi, ma ciò andrebbe testato con studi appropriatamente condotti.
Conclusioni
E’ possibile che alcune misure del nostro tempo attuale possano impattare o aver impattato nell’esordio, nell’evoluzione, nella gravità e nella caratterizzazione dei disturbi dell’alimentazione contemporanei. Sembra di conseguenza molto importante rivitalizzare la ricerca relativa ai fattori socioculturali implicati nello sviluppo di questi disturbi, al fine di aiutare a sviluppare misure e programmi di prevenzione (oltre che di terapia) universali e mirati. La ricerca è chiamata ad approfondire gli effetti della pandemia e delle sue conseguenze psicologiche, sociali e comportamentali nei disturbi dell’alimentazione, al fine di poter supportare i pazienti in modo più mirato, con terapie più efficaci ed al contempo sempre pronte a gestire eventuali riesacerbazioni di misure di contenimento o necessità prolungate di isolamento sociale.
Al momento attuale, infine, sembra importante inserire nella personalizzazione di programmi terapeutici scientifici e basati su protocolli consolidati anche le considerazioni proposte, valutando l’impatto del cambiamento socioculturale secondario alla pandemia in corso nello sviluppo del disturbo, nella sua evoluzione, nel suo mantenimento e negli ostacoli al suo superamento in ogni singola persona.
Bibliografia
- Taquet, M., Geddes, J., Luciano, S., & Harrison, P. (2021). Incidence and outcomes of eating disorders during the COVID-19 pandemic. The British Journal of Psychiatry, 1-3. doi:10.1192/bjp.2021.105
- Agostino H, Burstein B, Moubayed D, Taddeo D, Grady R, Vyver E, Dimitropoulos G, Dominic A, Coelho JS. Trends in the Incidence of New-Onset Anorexia Nervosa and Atypical Anorexia Nervosa Among Youth During the COVID-19 Pandemic in Canada. JAMA Netw Open. 2021 Dec 1;4(12):e2137395. doi:10.1001/jamanetworkopen.2021.37395. PMID: 34874405; PMCID: PMC8652595
- Phillipou A, Meyer D, Neill E, Tan EJ, Toh WL, Van Rheenen TE, Rossell SL. Eating and exercise behaviors in eating disorders and the general population during the COVID-19 pandemic in Australia: Initial results from the COLLATE project. Int J Eat Disord. 2020 Jul;53(7):1158-1165. doi: 10.1002/eat.23317. Epub 2020 Jun 1
- Fernández-Aranda F, Casas M, Claes L, Bryan DC, Favaro A, Granero R, Gudiol C, Jiménez-Murcia S, Karwautz A, Le Grange D, Menchón JM, Tchanturia K, Treasure. COVID-19 and implicatons for eating disorders. Eur Eat Disord Rev. 2020 May;28(3):239-245. doi: 10.1002/erv.2738
- Dalle Grave , R. (2020). Coronavirus Disease 2019 and Eating Disorders. Psychology Today. https://www.psychologytoday.com/intl/blog/eating-disorders-the-facts/202003/coronavirus-disease-2019-and-eating-disorders