Estendere gli interventi basati sull’esposizione ai disturbi dell’alimentazione

Pubblicato da Riccardo Dalle Grave il

A cura di Massimiliano Sartirana

Fonte Reilly EE, Anderson LM, Gorrell S, Schaumberg K, Anderson DA. Expanding exposure-based interventions for eating disorders. Int J Eat Disord. 2017;50:1137– 1141. https://doi.org/10.1002/eat.22761

Introduzione

Molti pazienti che ricevono un trattamento per il disturbo dell’alimentazione non sperimentano una riduzione o remissione clinicamente significativa delle espressioni del disturbo dell’alimentazione. Per tale motivo una sfida importante è identificare strategie alternative che possano migliorare l’esito del trattamento.  La terapia basata sull’esposizione è uno degli ingredienti di un trattamento che potrebbe avere potenzialità di raggiungere questo scopo, sebbene gli approcci iniziali che hanno utilizzato la procedura dell’esposizione più prevenzione della risposta applicata nei disturbi d’ansia, abbiano generato risultati inconsistenti.

Recentemente Reilly e colleghi, in un articolo sull’International Journal of Eating Disorders, hanno descritto le ragioni per rivedere l’applicazione delle procedure basate sull’esposizione per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione perché negli ultimi anni sono stati compiuto molti progressi in altri disturbi mentali con l’applicazione di questa metodica.

Rivedere l’approccio teorico dei modelli di esposizione ai disturbi dell’alimentazione

Inizialmente si è ritenuto che gli interventi di esposizione estinguessero i comportamenti disfunzionali attraverso il “processo di abituazione”. Questo postula che le associazioni apprese tra stimolo condizionati (CS) e stimoli incondizionati (IS) si indeboliscono in seguito alla presentazione ripetuta dello stimolo condizionato in assenza dello stimolo incondizionato.

Coerentemente con la teoria dell’abituazione, gli approcci iniziali basati sull’esposizione per i disturbi d’ansia affrontavano i comportamenti stimolati dalla paura basandosi sul presupposto che limitare i comportamenti di evitamento disfunzionali (per es. evitare le situazioni o gli stimoli associati alla paura) promuovesse l’abituazione alla risposta alla paura di uno stimolo condizionato.

La maggior parte degli approcci basati sull’esposizione per i disturbi dell’alimentazione fa ancora riferimento al “modello dell’abituazione” che prevede di esporre ripetutamente il paziente al cibo e agli stimoli associati senza adottare comportamenti di evitamento (per es. usare comportamenti eliminativi come il vomito autoindotto, l’uso improprio di lassativi e diuretici).

Al contrario, la moderna procedura di esposizione adottata nei disturbi d’ansia ha identificato obiettivi di trattamento aggiuntivi e proposto un modello alternativo di “apprendimento inibitorio” per spiegare il suo meccanismo d’azione. L’apprendimento inibitorio sostiene che gli esercizi di esposizione promuovono “l’apprendimento” di una nuova associazione tra lo stimolo condizionato e l’assenza dello stimolo incondizionato piuttosto che l’abituazione, che presuppone un indebolimento dell’associazione originale. Questo modello di apprendimento inibitorio, come processo terapeutico che favorisce il cambiamento comportamentale, ritiene fondamentale la disconferma delle aspettative/predizioni negative e un’aumentata capacità del paziente di tollerare le emozioni avversive, piuttosto che la diminuzione della risposta della paura.

I ricercatori non hanno ancora applicato questo modello al trattamento dei disturbi dell’alimentazione lasciando non testati potenziali potenti obiettivi di trattamento e strategie di ottimizzazione dello stesso.

Identificare nuovi target di trattamento

Storicamente la paura è stata considerata l’obiettivo principale del trattamento negli interventi basati sull’esposizione. Tuttavia, i ricercatori hanno identificato ulteriori aspetti associati all’evitamento che meritano attenzione. Per esempio, il disgusto sembra essere spesso alla base di associazioni tra stimoli e comportamenti di evitamento. Inoltre, le associazioni basate sul disgusto sembrano essere più resistenti all’estinzione rispetto a quelle basate sulla paura. Sulla base di queste osservazioni sembra opportuno considerare esplicitamente il disgusto negli interventi futuri basati sull’esposizione.

Un altro aspetto rilevante nel trattamento dei disturbi d’ansia basato sull’esposizione, che potrebbe essere rilevante anche per i disturbi dell’alimentazione è l’intolleranza all’incertezza. Infatti,  alcune espressioni del disturbo dell’alimentazione sono spesso eseguite per aumentare il controllo su risultati futuri incerti e diminuire l’ansia associata. Dal momento che nei disturbi dell’alimentazione in genere è presente la paura di un possibile aumento di peso (tra gli altri esiti incerti), gli interventi di esposizione ideati per affrontare questo aspetto potrebbero dimostrarsi efficaci nel ridurre le espressioni del disturbo dell’alimentazione che servono a ridurre l’incertezza.

Altri obiettivi potenzialmente rilevanti per le procedure di esposizione, visto l’effetto ben documentato che svolgono nel favorire le espressioni del disturbo dell’alimentazione, sono la sensibilità all’ansia, la tendenza di un individuo a sperimentare stati ansiosi come negativi, la tolleranza al disagio e l’abilità percepita dall’individuo di tollerare stati d’animo negativi.  Sia la sensibilità all’ansia che la tolleranza allo stress possono essere affrontati elicitando specifici stati emotivi salienti per l’individuo e verificando le aspettative sulla sua capacità di riuscire a tollerare lo stato emotivo negativo o gli stimoli emotivi associati (per es. i sintomi somatici di ansia).

Estendere gli esistenti approcci e tecniche basate sull’esposizione

Un ulteriore modo per migliorare gli interventi basati sull’esposizione potrebbe essere quello di utilizzare nell’esposizioni in vivo procedure diverse da quelle tradizionali.

L’esposizione enterocettiva, una procedura in cui il paziente e il terapeuta stimolano intenzionalmente lo sviluppo di sensazioni enterocettive associate all’ansia (per es. vertigini, pienezza) per affrontare l’associazione tra segnali enterocettivi, pensieri e emozioni disfunzionali, potrebbe essere una tecnica di esposizione potenzialmente utile, visto che l’alterata consapevolezza e sensibilità  enterocettiva sono comuni nei disturbi dell’alimentazione.

L’esposizione immaginativa è una procedura che prevede lo sviluppo di una scena dettagliata dell’esito o dell’evento temuto che il paziente ascolta durante e al di fuori della seduta. Come suggerito da alcuni autori, nell’anoressia nervosa la paura principale ha una natura orientata al futuro (per es. l’aumento di peso a lungo termine e le sue conseguenze piuttosto che l’aumento di peso in seguito al consumo di un alimento). Per tale motivo l’uso di scenari finalizzati a favorire l’esposizione immaginativa potrebbe migliorare la capacità di affrontare le conseguenze temute future che non sono facilmente affrontate con l’uso tradizionale di approcci di esposizione in vivo.

La realtà virtuale è una tecnologia utilizzata recentemente nel trattamento del disturbo da stress postraumatico che potrebbe essere usata anche nella gestione dei disturbi dell’alimentazione per potenziare l’esposizione a segnali che non possono essere affrontati con l’esposizione in vivo.

Un’altra strategia potrebbe essere quella di estendere il formato e la struttura degli esercizi di esposizione in vivo. Considerando la prospettiva dell’apprendimento inibitorio, strutturare gli esercizi di esposizione per massimizzare la discrepanza tra l’esito atteso del paziente e il risultato effettivo, la variabilità del livello di paura e il numero di segnali e contesti affrontati in cui viene praticato l’apprendimento, potrebbe diminuire le possibilità di riattivazione dell’associazione originale (per es. una riattivazione spontanea del comportamento estinto). Questi obiettivi possono essere raggiunti in vari modi e, a volte, comportare notevoli modifiche alla pratica della tradizionale dell’esposizione in vivo. Per esempio, sebbene molti manuali di esposizione delineano un approccio in cui terapeuta e paziente progrediscono gradualmente una gerarchia dell’esposizione costruita dal paziente (per es. passando da esercizi a bassa intensità a esercizi sempre più impegnativi), applicazioni più recenti dell’apprendimento inibitorio suggeriscono di progredire nell’esposizione con una sequenza casualeconsentendo al paziente di sperimentare diversi livelli di ansia e violazione delle aspettative, facilitando così una più potente correzione inibitoria dell’associazione. La presentazione simultanea di più stimoli può, infatti, potenziare l’apprendimento dell’estinzione e diminuire la probabilità di riacutizzazione della paura. Inoltre, aumentare la durata del tempo di esposizione per evitare stimoli o continuare a condurre prove di esposizione oltre il punto di estinzione iniziale può anche potenziare gli effetti terapeutici.

Infine, un altro approccio che può essere facilmente adattato e testato per l’uso nei disturbi dell’alimentazione è il controcondizionamento, un metodo in cui all’individuo è presento uno stimolo che ha precedentemente acquisito una proprietà avversiva (per es. la risposta alla paura di un prodotto alimentare), accoppiandolo con una risposta positiva o gratificante.

Gli esercizi specifici e gli obiettivi pertinenti per un singolo caso devono essere stabiliti basandosi su una valutazione ideografica dei comportamenti target e delle loro funzioni che possono essere differente per diversi fattori, tra cui la diagnosi e le espressioni cliniche, la storia specifica di apprendimento di un individuo e la comprensione della base di ricerca esistente per una tecnica di esposizione nei disturbi dell’alimentazione.

La Figura 1 illustra un modello generale dei comportamenti del disturbo dell’alimentazione mentre la  Tabella 1 descrive un’elaborazione dei modi attraverso cui le esposizioni tradizionali ai comportamenti legati all’ansia possono essere adattate nei disturbi dell’alimentazione

Conclusioni

Sebbene la letteratura sul disturbo d’ansia fornisca un primo punto di partenza da cui generare nuove ricerche sull’esposizione, è importante tenere in considerazione che, alcune caratteristiche dei disturbi dell’alimentazione possono controindicare la traslazione diretta dei protocolli usati nei disturbi d’ansia. Per esempio, il trattamento basato sull’esposizione nei disturbi d’ansia funziona principalmente attraverso l’interruzione del rinforzo negativo (per es. evitare gli stimoli che favoriscono la paura che determina una riduzione delle emozioni negative). Sebbene alcuni comportamenti dei disturbi dell’alimentazione vengano mantenuti attraverso i processi di rinforzo negativo, altri comportamenti possono essere mantenuti nel tempo attraverso rinforzo positivo (per es., le caratteristiche gratificanti della restrizione dietetica o dell’esercizio fisico) o possono essere di natura abituale. Pertanto, per trattare efficacemente le espressioni del disturbo dell’alimentazione utilizzando tecniche comportamentali richiederà degli adattamenti che tengano  in considerazione i differenze processi di apprendimento. Inoltre, a differenza delle preoccupazioni che caratterizzano gli individui con disturbi d’ansia, gli esiti legati ai disturbi dell’alimentazioni sono ragionevoli e probabili (per es. aumento di peso).

Sebbene ciò non precluda l’uso della terapia di esposizione per affrontare associazioni basate sulla paura, va fatto uno spostamento nel modo in cui le esposizioni sono concettualizzate e/o presentate. Inoltre, affrontare comportamenti di evitamento collegati a risultati probabili potrebbe richiedere l’implementazione di strategie di trattamento aggiuntive, come il lavoro basato sui valori, per favorire la volontà di impegnarsi in comportamenti più adattivi. Questi rappresentano solo alcune di molte questioni che sono rilevanti quando si tenta di adattare gli interventi esistenti basati sull’esposizione ai disturbi dell’alimentazione. Anche se una discussione completa di queste considerazioni esce dagli obiettivi di questo articolo, un lavoro di ricerca che valuti l’applicazione dell’esposizione ai disturbi dell’alimentazione deve includere la discussione di queste complessità.

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