La dieta chetogenica per il trattamento dell’obesità e del diabete: quando l’entusiasmo supera le evidenze

Pubblicato da Riccardo Dalle Grave il

A cura di Massimiliano Sartirana – AIDAP Verona

Fonte Joshi, S., Ostfeld, R. J., & McMacken, M. (2019). The Ketogenic Diet for Obesity and Diabetes-Enthusiasm Outpaces Evidence. JAMA Intern Med. doi:10.1001/jamainternmed.2019.2633

La dieta chetogenica, chiamata anche dieta cheto, è esplosa in popolarità dopo una recente serie di altre diete a basso contenuto di carboidrati, come le diete Paleo e Atkins. La dieta chetogenica si distingue dalle altre diete a basso contenuto di carboidrati perché incoraggia i suoi seguaci a rinunciare a quasi tutti i carboidrati, a evitare l’eccesso di proteine ​​e a consumare elevate quantità di grassi (generalmente superiori al 70% delle calorie introdotte). Questo pattern alimentare determina la produzione di chetoni a cui si deve il nome attribuito alla dieta.

L’entusiasmo per le diete povere di carboidrati deriva dall’aumento della prevalenza mondiale dell’obesità e del diabete di tipo 2, che alcuni autori hanno attribuito alla dieta povera di grassi e ricca di carboidrati, sebbene tale ipotesi sia smentita dal fatto che la moderna dieta americana non è realmente povera di grassi (definita come meno del 30% delle calorie totali). Infatti, il più importante contribuito all’aumentata incidenza dell’obesità e del diabete è stato verosimilmente l’aumento del consumo totale di energia di almeno 240 calorie al giorno (le stime variano in base al metodo e alla fonte) che si è verificato nella popolazione americana dai primi anni ’70 fino ai primi anni 2000. Ciononostante, la dieta chetogenica è stata recentemente proposta come trattamento promettente per la cura dell’obesità e del diabete di tipo 2.

Un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista JAMA Internal Medicine ha però criticato l’entusiasmo per i potenziali benefici della dieta chetogenica nella gestione dell’obesità e del diabete di tipo 2 descrivendo le evidenze attuali che ne mettono in discussione l’utilizzo in queste due condizioni. Di seguito riportiamo gli elementi di maggiore criticità sollevati dall’articolo.

La dieta chetogenica è più efficace per la perdita di peso rispetto ad altre diete? Una meta-analisi di 13 studi della durata superiore a un anno ha evidenziato che il beneficio aggiuntivo, in termini di perdita di peso, della dieta chetogenica rispetto alle diete a elevato contenuto di carboidrati e a basso contenuto di grassi era inferiore a 1 kg. Ovviamente questa differenza, sebbene statisticamente significativa, non è clinicamente rilevante. Inoltre, una meta-analisi di 32 studi controllati ha evidenziato che il dispendio energetico e la perdita di grasso sono maggiori con le diete povere di grassi rispetto alle diete chetogeniche.

Di fatto la dieta chetogenica, se utilizzata per la perdita di peso, non è diversa dalle altre diete che, per essere efficaci, devono creare un bilancio energetico negativo. La questione più rilevante su cui fare chiarezza è la sostenibilità e i benefici sulla salute a lungo termine della dieta chetogenetica. Attualmente nessuno studio ha valutato le diete chetogeniche su outcome importatati come gli eventi cardiovascolari o la mortalità, sebbene studi osservazionali sulla dieta a basso contenuto di carboidrati abbiano suggerito che essa si associa a un aumento della mortalità per tutte le cause.

Qual è il ruolo della dieta chetogenica nel trattamento del diabete di tipo 2? Uno studio molto pubblicizzato, ma non randomizzato, in persone con diabete di tipo 2 ha mostrato una riduzione dell’1,3% dell’emoglobina glicata a 1 anno nel gruppo che seguiva la dieta chetogenica. Questi risultati devono essere interpretati con cautela perché il gruppo che seguita la dieta chetogenica era auto-selezionato e aveva ricevuto un intenso supporto tecnologico e comportamentale che non era stato offerto al gruppo di controllo. Studi randomizzati a lungo termine (≥1 anno) ci presentano una realtà ben diversa. Infatti, una metanalisi di studi randomizzati a lungo termine ha evidenziato che non ci sono differenze nel controllo glicemico nelle persone con diabete di tipo 2 trattate per la perdita di peso allocate alla dieta chetogenica e alle diete povere di grassi.

Il diabete di tipo 2 è caratterizzato da intolleranza ai carboidrati dovuta all’insulino-resistenza. La riduzione dei carboidrati (come nella dieta chetogenica) può migliorare temporaneamente il controllo glicemico e la perdita di peso può migliorare la resistenza insulinica. Tuttavia, c’è poca per non dire nessuna prova che le diete chetogeniche migliorino specificamente l’intolleranza ai carboidrati indipendentemente dalla perdita di peso, a differenza di altri approcci dietetici in cui il controllo glicemico è migliorato nonostante il consumo di cibi salutari ricchi di carboidrati, come i legumi, i cereali integrali e la frutta, anche in assenza di una perdita di significativa .

La dieta chetogenica ha possibili benefici? La dieta chetogenica è stata propagandata per avere effetti favorevoli sui fattori di rischio cardiovascolari, come i livelli dei lipidi sierici. Tuttavia, l’evidenza suggerisce che, nonostante la perdita di peso, il colesterolo LDL e i livelli di lipoproteine ​​contenenti apo-B non migliorano o addirittura aumentano significativamente con una dieta chetogenica. Sebbene ci possa essere un aumento concomitante del livello di colesterolo HDL con una dieta chetogenica, storicamente, vari interventi utilizzati per aumentare il livello di colesterolo HDL non si sono tradotti in riduzioni degli eventi cardiovascolari.

In termini di rapporto rischio-beneficio della dieta chetogenica, i potenziali effetti avversi devono quanto meno far riflettere. Una revisione della letteratura sulle diete chetogeniche per il trattamento dell’epilessia pediatrica ha infatti evidenziato una serie di effetti avversi, che vanno da un effetto cheto relativamente benigno, ma spiacevole, caratterizzato da affaticamento, debolezza e disturbi gastrointestinali, a una conseguenza meno comune, ma fatale, come l’insorgenza di aritmie cardiache da carenza di selenio. Altri effetti avversi documentati includono la nefrolitiasi, la costipazione, l’alitosi, i crampi muscolari, la cefalea, la diarrea, il rallentamento della crescita, le fratture ossee, la pancreatite e le carenze multiple di vitamine e minerali.

Tuttavia, il rischio maggiore e sottovalutato della dieta chetogenica è quello di non assumere carboidrati ricchi di fibre e non raffinati. I cereali integrali, la frutta e i legumi sono alcuni degli alimenti più salutari del pianeta; essi non sono responsabili delle epidemie del diabete di tipo 2 o dell’obesità e la loro eliminazione può arrecare danno. In una revisione sistematica e meta-analisi di 45 studi prospettici, i ricercatori hanno scoperto che l’assunzione di cereali integrali si associa a una riduzione dose-dipendente del rischio di malattia coronarica, di malattie cardiovascolari, di cancro e di mortalità per qualsiasi causa. Risultati simili sono stati evidenziati per il consumo di frutta e legumi. Quasi tutti gli esperti concordano sul fatto che dovrebbero essere evitati alimenti ricchi di carboidrati elaborati e raffinati, ma che l’eliminazione radicale di tutti i carboidrati senza enfatizzare la differenza tra carboidrati raffinati e non raffinati impedisce di beneficiare dei numerosi effetti sulla salute dei carboidrati non raffinati.

Per riflettere sui rischi associati dalla dieta chetogenica è interessante notare che la maggior parte delle popolazioni, se non tutte, consumano abbastanza carboidrati per evitare la chetosi cronica e che gli Inuit, meglio noti come eschimesi, che storicamente sono sopravvissuti a una dieta con un contenuto minimo di carboidrati, hanno avuto una mutazione genetica ampiamente diffusa per aggirare la produzione di chetoni. Sebbene non sia nota la ragione di tale mutazione, una possibile spiegazione è che essa sia stata funzionale alla sopravvivenza perché minimizza la produzione di chetoni. Al contrario, alcune delle popolazioni più longeve, le cosiddette comunità della zona blu (per esempio quelle che vivono in  Grecia e in Giappone), vivono con una quantità di carboidrati che supera il 50% delle calorie totali giornaliere.

Conclusioni

Sebbene la dieta chetogenica abbia attirato molta attenzione per il trattamento dietetico di malattie croniche come l’obesità e il diabete di tipo 2, le prove a sostegno del suo uso sono attualmente limitate e i potenziali rischi di questa dieta sono reali. Medici e pazienti dovrebbero continuare a valutare giudiziosamente i benefici e i rischi della dieta chetogenica guardando alle evidenze e non alla promozione pubblicitaria sensazionale che alimenta l’industria della dieta.

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